L’Avvocato Generale della Corte di Giustizia si esprime in relazione all’attività di condivisione di contenuti protetti da diritto d’autore su una rete peer-to-peer e al c.d. copyright troll.
di Riccardo Traina Chiarini
Nell’ambito della causa C-597/19, avente ad oggetto la violazione di diritti d’autore su una rete peer-to-peer per la condivisione di file Torrent, con le proprie conclusioni dello scorso 17 dicembre 2020 l’Avvocato Generale Maciej Szpunar ha avuto modo di esprimersi su diversi temi di interesse riguardanti, in particolare, l’illegittimità della condotta degli utenti utilizzatori di tali servizi e gli aspetti di incertezza, sia dal punto di vista sostanziale che dal punto di vista del bilanciamento di diritti, di un’attività riconducibile allo schema del c.d. “copyright troll”.
Relativamente al primo profilo, premesso che in una rete peer-to-peer quando un utente scarica un file mette contemporaneamente – e necessariamente – a disposizione del servizio i “frammenti” del file in suo possesso rispondendo alle richieste di scaricamento provenienti dagli altri utenti, l’AG ha considerato innanzitutto che “il fatto che la trasmissione dell’opera in questione abbia effettivamente avuto luogo o meno è irrilevante al fine di stabilire se vi sia stata una messa a disposizione del pubblico” e la mera possibilità di una siffatta trasmissione è sufficiente a configurare la condotta illecita dell’utente, senza che possa venire in considerazione la possibilità di applicare una “soglia per quanto riguarda la quantità di dati caricati”. Sulla scorta di queste considerazioni, dunque, lo stesso ha ritenuto che giuridicamente “il funzionamento delle reti peer-to-peer non differisce considerevolmente da quello della Rete” e, oltretutto, la cognizione di causa che abbiano o meno gli utenti non dovrebbe essere “una condizione dell’esistenza di un atto di messa a disposizione del pubblico in casi come quello di specie”, posto che essi sono “all’origine della comunicazione al pubblico (messa a disposizione)”. Di conseguenza, “rientra nel diritto di messa a disposizione del pubblico … il fatto di mettere a disposizione per lo scaricamento nell’ambito di una rete peer-to-peer pezzi di un file contenente un’opera protetta, e ciò prima che l’utente interessato abbia egli stesso scaricato la totalità di detto file e senza che la cognizione di causa di tale utente sia determinante”.
Il secondo tema trattato dall’AG, poi, riguarda l’attività di un copyright troll, ovvero di colui che, “dopo aver acquistato diritti di sfruttamento limitati su opere protette, in realtà non li sfrutta, ma si limita a chiedere il risarcimento del danno alle persone che violano tali diritti”, come può per l’appunto avvenire su Internet e in particolare su reti di condivisione come le reti peer-to-peer. A riguardo, viene affermato che seppur una tale nozione sia fondamentalmente sconosciuta al diritto dell’Unione Europea e non sia di per sé illegale, ad una tale situazione può comunque applicarsi il principio generale del divieto di abuso del diritto, cosicché, si conclude, “un organo che, benché abbia acquistato taluni diritti su opere protette, non li sfrutta e si limita ad esigere il risarcimento del danno dalle persone che violano tali diritti, non è legittimato a beneficiare delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso” previsti dalla direttiva 2004/48, “nei limiti in cui il giudice competente constata che l’acquisto dei diritti da parte di tale organo era inteso unicamente ad ottenere tale legittimazione”. Ciò tuttavia non pregiudica il fatto che la normativa interna di uno Stato Membro “riconosca tale legittimazione ad un cessionario di crediti connessi alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale”.
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