Il Tribunale di Roma, con due sentenze “gemelle”, ha dichiarato la responsabilità di due video sharing platform per la violazione di diritti d’autore

di Riccardo Traina Chiarini

 

Con sentenze “gemelle” del 20 e 22 gennaio 2021, rispettivamente numeri 1049 e 1194, il Tribunale delle Imprese di Roma ha accolto le domande di Reti Televisive Italiane S.p.A., di inibitoria e risarcimento del danno, relativamente alla violazione dei diritti d’autore dalla stessa detenuti su numerosi brani audiovisivi messi a disposizione del pubblico, senza autorizzazione, attraverso due video sharing platform.

Sulla scorta della giurisprudenza europea e della recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7708/2019, secondo cui è necessario verificare caso per caso, in concreto, la posizione dell’hosting provider rispetto alle violazioni dedotte in causa, il Giudice ha in entrambi i casi accertato come i gestori delle piattaforme convenute abbiano “perso” la propria qualità di soggetti neutri e passivi, avendo operato “forme di intervento volte a sfruttare i contenuti dei singoli materiali memorizzati dagli utenti, operando in generale sotto le forme del controllo, della conoscenza e della profilazione dei dati e in maniera non autorizzata”.

In concreto, è stata così data rilevanza al fatto che le piattaforme in questione offrissero ai propri utenti servizi di indicizzazione e posizionamento dei contenuti, di ricerca per parole chiave e per categorie, di proposta di video “consigliati” e, quindi, personalizzati, per i singoli visitatori, associando alla fruizione dei contenuti degli annunci pubblicitari, proposti in base ai dati di profilazione raccolti dalla stessa piattaforma.

Alla luce di ciò, il Tribunale ha escluso che i gestori delle piattaforme potessero godere dell’esenzione di responsabilità di cui alla Direttiva 2000/31/CE e del D.Lgs. 70/2003, in quanto, per l’appunto, svolgenti un’attività non meramente automatica e passiva e classificandosi, pertanto, quali hosting provider “attivi”.

Conseguentemente, agli stessi è stato imposto un ordine di rimozione dalle piattaforme dei contenuti dedotti in causa, nonché di inibitoria (assistita da penale ex art. 614-bis c.p.c.) per ogni ulteriore futura violazione “perpetrata in qualsiasi forma e con qualunque mezzo a danno di programmi di RTI Spa”. Interessante, infine, il capo delle due sentenze relativo alla quantificazione del danno riconosciuto in favore dell’attrice.

Il Tribunale ha infatti, in entrambi i casi, adottato il criterio del c.d. prezzo del consenso, determinando un valore minutario per tutti i contenuti di cui è stata accertata la pubblicazione sulle piattaforme, parametrato alla sola durata degli stessi, indipendentemente dal numero degli utenti che li abbiano effettivamente visionati. La considerazione di tale dato (oltretutto incerto), infatti, secondo il Tribunale di Roma è irrilevante, poiché la determinazione delle royalty eventualmente corrisposte al titolare dei diritti in esecuzione di un accordo di licenza non dipenderebbe comunque dal numero delle visualizzazioni. Infine, alla luce dell’accertata violazione degli articoli 171 e 171 ter L.D.A., le convenute sono state condannate anche al risarcimento del danno morale in favore dell’attrice, liquidato equitativamente nella misura del 10% del danno patrimoniale come sopra determinato.

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